Philadelphia
Blake apartment
7.54 AM - 19/01/2024
Il rumore della chiave che gira all'interno della toppa della porta di casa sua è incofondibile, specialmente quando sono due ore che il giovane mutante non fa altro che ricercarlo con l'udito.
Durante la notte ha riempito il suo zaino da viaggio con tutto ciò che non avrebbe mai potuto lasciare a casa: una buona dose di vestiti, i libri unversitari e pochi altri oggetti personali. Il medaglione portafoto appartenuto prima a sua madre e poi a suo fratello è stato appeso al collo e nascosto sotto il maglione. Qualsiasi cosa possa succedere, non lo lascerà mai indietro.
"Arthur."
Il tono di suo padre è monocorde, quasi annoiato, non appena lo vede seduto sul divano del salotto. Il telecineta si morde la guancia interna mentre un sospiro più pesante gli si arpiona al petto. Non vede suo padre da tre settimane eppure lui non sembra essere troppo entusiasta di vederlo. O meglio, sembra come se non gliene importasse poi più di tanto. Come se lo avesse visto solo ieri.
"Ciao papà."
L'alzarsi dal divano in un saluto quasi militare è così naturale e istintivo che neanche deve rifletterci per eseguirlo. Suo padre lo squadra da cima a fondo in uno sguardo indagatore e severo, facendolo rabbrividire come se qualcuno gli avesse gettato dell'acqua gelida addosso.
"Michael non mi aveva avvisato che saresti tornato oggi dalla tua...scampagnata." La voce dell'uomo raschia sul palato, pregna di una chiara indignazione mal celata. "Comunque, hai diverso carico di studio da recuperare e..."
"Papà, aspetta un attimo.Ti devo parl-"
"Non ti azzardare ad interrompermi, Arthur!" Esclama in uno scatto contrariato l'uomo, prima di scuotere la testa. "Cos'è? In queste poche settimane da tuo fratello ti sei scordato la buona educazione? Allora ti stavo dicendo..."
Non c'è possibilità di scappare dal fiume di parole che suo padre continua a buttare fuori dalla bocca neanche fossero scontrini del supermercato. L'università, il recupero dei crediti, la cameriera sostituita e altre amenità quotidinane. Il tono duro e l'occhiata gelida gli hanno tolto quasi tutto il coraggio che aveva cercato di accumulare in previsione dell'incontro.
Sente di star perdendo quella lotta ancora prima d'iniziarla e man mano che suo padre parla del più e del meno, lui si sente sprofondare sempre più in basso in un vortice di disperazione.
Aveva ragione Michael: non può dirglielo.
Si convince di non avere abbastanza carattere per affrontare veramente suo padre, di essere troppo debole per sopportare il suo rifiuto. Almeno finché suo padre non comincia a inveire animatamente contro quei:
"...Maledetti mutanti degeneri! Hai visto cosa è successo? Il governo dovrebbe rinchiuderli tutti e farne fuori il più possibile. Non sono altro che un cancro de-"
"BASTA! "SONO UN MUTANTE ANCHE IO!"
Esplode all'improvviso il giovane telecineta, mentre un paio di lacrime cominciano già a pizzicargli il retro degli occhi. Sa che suo padre non sopporta essere contradetto e lui lo ha appena fatto sull'argomento più importante della sua vita.
Ne osserva l'espressione basita allargarsi come una macchia d'olio sul viso segnato dall'età e della severità del padre, prima che gli occhi -così simili ai suoi- vengano invasi da un'alone di pura rabbia.
"C-cosa?"
"S-sono un m-mutante papà, è di q-questo che cercavo di p-parlarti." Rivela verso di lui, abbassando il tono di voce. Comincia quindi a parlare tutto d'un fiato perché sa che se si ferma adesso, non avrà più il coraggio di dire niente.
"Non l'ho voluto io, è solo successo. A Natale ho spostato senza toccarlo il portapenne in cameria e un piccola spilla.
Ti giuro che non l'ho fatto apposta e non ti ho detto niente perché volevo prima capire se era vero... Ma lo è purtroppo e quindi mi sono registrato e sono andato a scuola perché voglio controllarmi, creare problemi a nessuno e credo nel nostro Stato e nella nostra legge.
Non cambierà tanto, te lo posso promettere. Adesso posso controllarmi e..."
"Fammi vedere."
Il tono di voce di suo padre è greve e basso, mentre gli occhi azzurri bollono di rabbia mal repressa e di una delusione cocente. Ciò che è peggio, sembra non aver ascoltato neanche una parole di tutto ciò che gli ha detto poco prima suo figlio. Niente di niente. Ad Benjamin Blake non sono mai piaciute le giustificazioni.
"Papà, ti prego... prima ascoltami. Voglio spiegar-" implora il ragazzo, con una morsa che gli trancia via l'aria dai polmoni.
"TI HO DETTO DI FARMI VEDERE!"
Le mani di suo padre gli si piantano con forza all'altezza del bavero del maglione, strattonandolo fino ad avanzare di un passo intero. Sono a pochi centimetri di distanza e il telecineta può percepire l'odio guizzante sotto i muscoli ancora allenati di suo padre, così come il rifiuto che già gli legge infondo agli occhi.
Singhiozza una volta sola, strozzando il singulto a metà, prima di concentrarsi sul piccolo fermacarte appoggiato sul tavolinetto affianco a loro, il quale volteggia in aria per qualche istante prima di riappoggiarsi sul legno.
Per un paio d'istanti il silenzio opprime ogni singolo respiro dei due Blake, lasciandoli in un momento sospeso nel tempo. Forse entrambi smettono di respirare e perdono un battito. Suo padre alza la mano destra, tremante, verso la sua guancia e per un attimo il telecineta spera in una carezza arrabbiata ma paterna.
Quello che gli arriva, invece, è un man rovescio spinto con tutta la forza e la rabbia di un uomo che ha appena visto suo figlio trasformarsi nella cosa che odia di più al mondo. Ciò che gli ha portato via suo fratello e forse anche sua moglie.
E il ragazzo chiude gli occhi, scegliendo di non reagire contro colui che è sempre - e comunque- suo padre.
CRACK
Il grande specchio della sala dove è andato a sbattere il giovane mutante, si rompe in un suono sordo e stridulo, fracassandosi in mille pezzi proprio come l'anima del ragazzo.
Alcune schegge di vetro gli colpiscono le mani che aveva portato a protezione, mentre altre gli tagliano parte del viso, lasciando scivolare dei rivoli di sangue lungo il mento e il maglione.
Suo padre non perde tempo e lo costringe a rialzarsi in piedi, prima di spingerlo con rabbia verso la porta.
"Vattene di qui e non ti azzardare a farti rivedere mai più. Non voglio sapere più niente di te! Mai più!"
"Papà, per favore..."
"Hai smesso di essere mio figlio da quando sei diventato uno di Loro! Fuori da casa mia, razza di mostro!"
"Per favore..."
"ADESSO!"
In pochi secondi il telecineta ha recuperato il suo zaino, si è catapultato fuori da casa e ha corso giù per la tromba delle scale, lasciandosi alle spalle solo una scia di piccole macchioline di sangue mischiata a lacrime amare.